Il 17 Ottobre 2016, sua Santità Hazrat Mirza Masroor Ahmad, il leader mondiale della comunità islamica Ahmadiyya, ha tenuto uno storico discorso durante la sua visita al Parlamento Canadese nella capitale Ottawa.

Dopo aver recitato Tashahhud, Ta’awwuz e Bismillah, il leader islamico ha così iniziato il suo discorso:  

Bismillahir Rahmanir Raheem – nel nome di Allah, l’Eterno Misericordioso e Pieno di Grazia

Distinti ospiti,

Assalamo Alaikum Wa Rahmatullahe Wa Barakatohu – la pace e la benedizione di Allah sia su tutti voi.

Per prima cosa, vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutti voi per questo invito, specialmente la nostra amica carissima Judy Sgro. Non sono né un politico né il leader di un’organizzazione politica. Sono, piuttosto, il capo della Comunità Islamica Ahmadiyya, che è una comunità puramente spirituale e religiosa.

Ciò nonostante, indipendentemente dalle nostre differenze di “background”, la nostra umanità ci avvicina gli uni con gli altri, e proprio per questo motivo è nostro dovere rimanere uniti. Tutte le persone e le organizzazioni dovrebbero collettivamente continuare ad abbracciare e sostenere i valori umani e combattere per rendere migliore e di gran lunga più armonico il mondo in cui viviamo. Conseguentemente, se i valori e i diritti umani non venissero sostenuti in maniera incisiva in un determinato Paese o all’interno di una specifica religione, l’effetto domino coinvolgerebbe anche altre regioni e i comportamenti erronei si diffonderebbero a macchia d’olio.

Al contrario, se una parte del mondo si facesse promotrice di bontà, umanità e prosperità, ciò avrebbe un effetto positivo non solo tra le singole persone ma anche tra le altre società. Come risultato dello svilupparsi di forme moderne di comunicazione e di movimento delle persone, siamo oggi sempre più vicini e non più confinati all’interno delle nostre regioni geografiche. Tuttavia, stiamo assistendo ad uno strano e tragico paradosso per il quale, anche se siamo sempre più connessi che mai, giorno dopo giorno ci allontaniamo sempre di più. È estremamente deplorevole e fonte costante di dolore essere consapevoli che il mondo, invece che puntare sull’unità e sulla diffusione dell’amore tra il genere umano, si stia al contrario focalizzando molto di più sulla promozione dell’odio, della crudeltà e dell’ingiustizia.

Le persone non sono più disposte a prendersi la responsabilità per i propri fallimenti e in questo modo ognuno incolpa l’altro, ognuno disposto a dare la colpa delle divisioni e dei conflitti del mondo a tutti tranne che a sé stesso. Di conseguenza, quello che viviamo è un momento di forte insicurezza in cui nessuno di noi può veramente comprendere quali saranno le conseguenze reali delle nostre azioni, sia nel breve che nel lungo termine.

In questo momento, nel quale la paura dell’Islam si sta diffondendo in gran parte del mondo, vi voglio rassicurare sull’Islam, perché l’Islam non è ciò che comunemente sentite o vedete ritratto nei media. Quanto a mia conoscenza dell’Islam, io conosco solo l’Islam di cui insegnamenti racchiusi nel nome stesso di “Islam”. Il significato letterale della parola “Islam”, infatti, è pace, amore e armonia, e tutti gli insegnamenti che ne conseguono si basano proprio su tali nobili valori. Non si può negare, comunque, che esistano alcuni gruppi di Musulmani il cui credo e le cui azioni sono sfortunatamente in netto contrasto con questi valori. In completa violazione degli insegnamenti fondamentali dell’Islam, infatti, questi gruppi continuano a perpetrare a suo nome sia atti di terrorismo sia le violenze più orribili. Alla luce di questo, vorrei ora condividere con voi proprio gli insegnamenti più veri e pacifici dell’Islam.

Questo luogo così degno di stima, nel quale mi avete coraggiosamente invitato, non è un tempio religioso e probabilmente tra voi ci sono persone che non sono neppure interessati alla religione. Tuttavia, come uomini il cui dovere è scrivere le leggi di un Paese, vi ritroverete a dover trattare materie che influenzeranno anche i seguaci di una religione. In questo contesto, il Libro Sacro del Corano stabilisce categoricamente nel Capitolo 2, vero 257:

“non deve esserci alcuna costrizione nella religione”.

Che chiara, onnicomprensiva e inequivocabile massima, che racchiude la libertà di pensiero, di religione e di coscienza! Allo stesso modo, il mio credo e i miei insegnamenti vanno nella direzione di lasciare ad ogni persona, in ogni villaggio, in ogni città, in ogni nazione il diritto sacrosanto di scegliere e praticare la propria religione.

Inoltre, ogni individuo ha il diritto di predicare in maniera pacifica e di trasmettere agli altri i propri insegnamenti. Queste libertà devono essere garantite come fondamento dei diritti umani, e per questo motivo le assemblee legislative e i Governi non dovrebbero inserirsi in maniera ingiustificata in tali questioni, per non correre il rischio che proprio tali intrusioni vengano viste come un tentativo di provocazione e suscitare di conseguenza frustrazioni o risentimenti. Nel mondo di oggi, stiamo tristemente assistendo alla continua interferenza dei Governi Musulmani in tali questioni personali, e a quanto ciò in quei stessi Paesi possa essere considerata causa alla radice di instabilità e conflitto. Gli unici beneficiari di tutto questo sono gli estremisti religiosi e i militanti che traggono vantaggio dalla frustrazione delle persone, proprio promuovendo la violenza barbarica e conflitti senza senso. Non si può tuttavia sostenere che i Governi Occidentali, che apertamente dichiarano la propria essenza democratica, siano interamente innocenti o senza peccato. Anche qui nel mondo Occidentale, piuttosto, assistiamo spesso alla promulgazione di leggi o regolamenti che sono invece in contrasto con i valori universali di pace religiosa e tolleranza,  dichiarati come fari del mondo Occidentale.

Occasionalmente vengono create leggi che sono in netta contraddizione con l’idea che ogni persona in Occidente sia libera di credere ciò che desidera e di vivere pacificamente secondo la propria fede. Non è saggio che un Governo o un Parlamento imponga delle restrizioni sulle pratiche religiose basilari o sul credo delle persone. Per esempio, non dovrebbe interessare ad un Governo il tipo di abito che una donna sceglie di indossare. Né dovrebbe preoccuparsi di stabilire come un luogo di culto debba essere. Se un Governo si spinge fino a questo punto, tra le persone potrebbero sorgere motivi di irrequietudine e frustrazione. Tali lamentele, se non tenute sotto controllo, potrebbero continuare ad esacerbarsi fino al punto in cui potrebbero mettere a repentaglio la pace tra la popolazione. Ovviamente non sto sostenendo che le vedute estremiste debbano essere tollerate o che le persone che abbiano tali visioni possano esser libere di esprimere il proprio credo.

Laddove chiunque utilizzi la religione per giustificare crudeltà e ingiustizie, per usurpare i diritti degli altri, o per agire contro lo Stato in maniera tale da inficiare la sicurezza della Nazione, è di certo responsabilità del Governo e delle autorità fermare in maniera decisa tali pratiche negative. In tali circostanze è completamente giustificato ed è appropriato per un Governo, per un Parlamento e per altre autorità rilevanti, il far sì che tali persone siano perseguite e punite in accordo con la legge vigente in quel luogo. Ciò che ritengo invece sbagliato è quando lo Stato interferisce in maniera non necessaria laddove avviene un’espressione pacifica di pratiche religiose o di un credo. L’Islam che conosciamo e che pratichiamo insegna che l’amore per il proprio Paese è una parte essenziale della fede come Musulmani. Secondo l’Islam, il paese di una persona è il luogo dove lui vive e da dove trae beneficio e dunque, quando tale insegnamento è radicato nel cuore e nella mente di un Musulmano, è impossibile per quest’ultimo desiderare il male per il proprio Paese.

Inoltre, l’Islam stabilisce che la legge di un Paese non solo debba punire colui che agisce contro di esso, ma che quelle stesse persone entreranno alla corte di Dio Onnipotente e saranno tenuti a rispondere dei loro comportamenti disonesti e delle loro malefatte. Perciò, non c’è alcun bisogno di temere un Musulmano vero, né c’è bisogno che un Governo metta in atto leggi che violino quelle piccole questioni o pratiche religiose quotidiane, che non possono causare né dolore né pericolo per i membri della comunità. Il legiferare in tali materie, al contrario, può essere soltanto descritto come interferenza non necessaria o come violazione di quelle libertà che l’Occidente rivendica come fondamentali – ovvero il diritto di ogni persona di vivere con libertà e autonomia. Non c’è dubbio che tali interventi ingiustificati non avranno un effetto positivo ma, al contrario, condurranno solo a frustrazione, irrequietudine e malcontento. È compito dei Governi e dei Parlamenti, in qualità di guardiani delle Nazioni, di promulgare delle leggi che diano piuttosto che tolgano diritti ai cittadini. E ciò vale in maniera universale e indiscriminata, così che i diritti delle persone, che siano esse Musulmane, Cristiane, Ebree o Indù o di altre fedi religiose, incluse anche quelle che non sono propriamente religiosi, siano sempre sostenuti.

Come ho già detto in precedenza, è causa di grande dolore che, sia nel mondo Musulmano sia in alcuni Paesi evoluti, non-Musulmani, , siano state portate avanti politiche volte a diminuire queste libertà fondamentali, causando di conseguenza insofferenza tra i diversi segmenti della popolazione. Piuttosto che cercare plausi superficiali, tali Paesi dovrebbero piuttosto guardare il quadro più generale, preoccupandosi di come portare pace alle loro Nazioni e assicurare che sia il loro Paese sia il mondo esterno siano uniti e prosperosi. Tuttavia, sfortunatamente, invece di abbracciare una veduta a lungo termine, sembra proprio che molti leader o i rispettivi Governi abbiano scelto la corsa non salutare per il potere e la battaglia per stabilire la propria supremazia sugli altri.

Per questo motivo e per la loro sete di supremazia e controllo, tali Governi desiderano interferire sempre di più con le libertà personali e religiose dei propri cittadini. Tali politiche non sono affatto sagge e spesso rappresentano solo un mezzo inutile per destabilizzare oltremodo il mondo, specie quando oggi come oggi sono già molteplici le problematiche che minacciano la pace della società. È risaputo, ad esempio, quanto il cambiamento climatico sia oggi una minaccia pressante per la nostra civiltà. Un’altra questione bruciante, del resto, è rappresentata dall’incertezza economica che il mondo sta ancora affrontando. In maniera più generale, poi, c’è il problema sempre più crescente della mancanza di pace e sicurezza in diverse parti del mondo. Tutte queste questioni sono il risultato di politiche inique, di ineguaglianza e mancanza di equilibrio. Se consideriamo la questione del cambiamento climatico, ad esempio, possiamo ricondurre la causa principale del surriscaldamento globale alla rivoluzione industriale in Occidente, oltre alle conseguenze della riduzione eccessiva di foreste e vegetazione nel corso degli anni.

Solo ora che il loro sviluppo si è completato in maniera piena, tali Paesi sono pronti a fare appello ad una riduzione delle emissioni di anidride carbonica e a restrizioni industriali. Tali regolamentazioni, però, potrebbero ridurre e frenare la crescita di alcuni Paesi emergenti come l’India e la Cina. Tali Paesi emergenti potrebbero facilmente considerare tali restrizioni ipocrite e ingiuste, oltre che un tentativo finale dei poteri storici dominanti di fermare il loro progresso e la sfida lanciata all’ordine globale. È evidente, dunque, come la questione del cambiamento climatico non è solo un problema ambientale, ma potrebbe realmente contribuire alla mancanza di pace del mondo, incrementando l’astio tra le Nazioni.

Allo stesso modo, sono molti oggi gli esperti che, considerando la crisi globale finanziaria, ammettono le scelte poco sagge dei Governi, puntualizzando come l’incertezza fiscale abbia raggiunto un livello che può mettere a repentaglio proprio la pace nel mondo. Esistono, inoltre, tanti altri fattori che stanno contribuendo alla mancanza di pace e, sfortunatamente, molti sono legati all’autoreferenzialità e alle politiche ingiuste promosse da certi Paesi. Il risultato finale dei rischi e delle minacce globali è che il mondo sta rapidamente andando verso una catastrofe inimmaginabile. A causa dell’attuale instabilità, sia i Governi mondiali  sia il pubblico stanno diventando sempre più ansiosi e preoccupati.

Ci sono talmente tante questioni pressanti e urgenti che il mondo non sa più a quale dare la priorità. Il focus dovrebbero essere il surriscaldamento globale e il cambiamento climatico? Oppure la crisi finanziaria? Oppure si dovrebbe dare la priorità alla lotta al terrorismo, all’estremismo o al welfare? I Governi dovrebbero preoccuparsi degli sviluppi della guerra in Siria, dove la Russia e gli Stati Uniti si oppongono apertamente? O, infine, dedicare le loro attenzioni al recente conflitto diretto tra gli Usa e lo Yemen?

Personalmente, ritengo che il problema più critico e urgente da affrontare oggi sia proprio la mancanza di pace nel mondo. Ed è causa di grande dolore per me il fatto che proprio i Paesi Musulmani siano il centro di tale instabilità e disordine, anche se la loro religione ha regalato loro insegnamenti imparagonabili proprio su come stabilire e mantenere la pace. Un esempio è il capitolo 23, versetto 9 del Sacro Corano, nel quale è stabilito che un musulmano vero è una persona che tiene fede ad ogni contratto o promessa che ha stabilito. Essere in possesso delle chiavi di un Governo è un atto grande di fiducia, e spesso assistiamo in effetti a Capi di Stato che si impegnano a servire le loro comunità in maniera degna di fiducia e con assoluta giustizia. In molti casi, però, tali onorabili promesse si trasformano in parole vuote che non vengono onorate, laddove se si seguissero gli insegnamenti del Corano non assisteremmo affatto a divisioni o conflitti tra il popolo e i suoi Governanti. Inoltre, nel capitolo 5, versetto 9, il Corano stabilisce che anche laddove esistano inimicizie, che sia una persona o una Nazione, bisognerebbe comunque agire con giustizia, a prescindere dalle circostanze, perché questo è il desiderio di Allah l’Onnipotente.

Oggi, tuttavia, piuttosto che della giustizia siamo testimoni dell’ingiustizia ad ogni livello della scala sociale, sia tra le persone che tra le Nazioni. Tale ineguaglianza e mancanza di riguardo per la giustizia sta conducendo il mondo alla totale mancanza di sicurezza. Nel capitolo 49, versetto 9, il Corano stabilisce che se due partiti o due Nazioni sono in conflitto, allora le Nazioni vicine e i loro alleati dovrebbero cercare di portare tra loro una qualche forma di riconciliazione. Se non si può stabilire la pace attraverso il dialogo, è compito delle altre Nazioni unirsi contro che perpetra questa ingiustizia e usare anche la forza per fermarla. Se gli aggressori adottano soluzioni pacifiche, non dovrebbero dunque essere umiliati con l’imposizione di ingiuste sanzioni. Nell’interesse della giustizia e della pace a lungo termine, piuttosto, dovrebbe essere permesso loro di proseguire il cammino come Società libera.

Se consideriamo gli attuali conflitti nel mondo Musulmano, è evidente che questo principio di unità contro coloro che cercano di svilire la pace non è stato osservato. Se i Paesi vicini avessero deciso di mediare in maniera imparziale mettendo da parte i propri interessi, avremmo potuto contenere questa situazione da tanto tempo. Comunque, la colpa non è solo delle Nazioni Musulmane, dal momento che anche gli altri Paesi che abitano il nostro mondo globalizzato hanno contribuito a creare tali disordini. Se le potenze mondiali avessero sempre agito con equità e sincerità non avremmo visto tanta discordia emergere, né avremmo assistito alla crescita di Daesh o dei gruppi estremisti nei Paesi quali la Siria e l’Iraq. Alcune potenze mondiali non hanno, purtroppo, giocato il proprio ruolo nello stabilire la pace ma, al contrario, hanno agito secondo politiche ingiuste con l’intento di servire solo i propri interessi.

Alcuni Paesi Occidentali, ad esempio, sono sempre stati interessati alle riserve di petrolio del mondo arabo, e questo interesse ha guidato le loro politiche per un lungo periodo di tempo. Inoltre, questi stessi Paesi hanno venduto enormi quantità di armi ai Paesi Musulmani senza considerare le potenziali conseguenze di tale atto. Ciò che sto dicendo non è cosa nuova o segreta, ma è piuttosto ben documentata. Un recente rapporto di Amnesty International, pubblicato nel 2015, afferma come

“decadi di commercio di armi incosciente”

abbiano contribuito, ad esempio, al terrorismo promosso da Daesh. Tale rapporto stabilisce inoltre che la maggior parte delle armi usate da Daesh siano state originariamente prodotte negli Stati Uniti e in Russia.

In aggiunta, Patrick Wilcken, Ricercatore sul Controllo delle Armi presso Amnesty International, conclude il report affermando come

 “il vasto e variegato dispiego di armi utilizzate dall’Isis è un caso da manuale su come il commercio di armi incosciente sia stato il carburante delle recenti atrocità su massiccia scala”.

È certamente risaputo come alcuni Paesi musulmani non abbiano fabbriche sofisticate  che possano produrre armi all’avanguardia  utilizzati nel Medio Oriente, e dunque la gran parte dell’artiglieria usata dal mondo musulmano è per forza di cose importata dall’estero. Se le potenze mondiali smettessero di commerciare armi e si assicurassero di tagliare le altre linee di rifornimento per i Governi in guerra, per i ribelli e per i terroristi, tali conflitti sarebbero portati ad una rapida conclusione. Per esempio, è ben risaputo che l’Arabia Saudita utilizzi armi di provenienza occidentale nella sua guerra in Yemen, una guerra nella quale ogni giorno vengono uccisi migliaia di civili innocenti, inclusi donne e bambini, senza considerare la distruzione di un intero Paese. Quale sarà il risultato finale di tale commercio di armi?

Il popolo yemenita, le cui vite e futuri sono stati distrutti, non solo coveranno odio e vendetta nei confronti dell’Arabia Saudita, ma coveranno rabbia anche verso coloro che hanno fornito agli oppressori le armi, oltre che verso l’Occidente in generale. Senza prospettiva di vita e senza speranza, dopo essere stati testimoni inermi delle più orribili atrocità, i giovani saranno propensi alla radicalizzazione, in maniera tale da suscitare un nuovo circolo vizioso di terrorismo ed estremismo. E pochi miliardi di dollari valgono tali conseguenze distruttive e devastanti? Oggi, dunque, non esiste solo il rischio di circoscrivere l’epicentro dei conflitti ai Paesi musulmani, ma anche piuttosto che la minaccia si possa diffondere ancora più lontano, come abbiamo già visto con i nostri occhi per gli attacchi terroristici a Parigi, Bruxelles e negli Stati Uniti.

Anche qui in Canada, e voi tutti ne siete ben consapevoli, ci sono stati negli ultimi due anni alcuni attacchi terroristici di minore intensità. Nonostante il Canada sia a migliaia di miglia lontano dal mondo Arabo, tuttavia abbiamo visto  dei giovani musulmani partire da qui per unirsi a gruppi terroristici in Siria e in Iraq. Suscita grande preoccupazione che, secondo le statistiche del Governo Canadese, il 20 % di coloro che sono partiti con destinazione Siria e Iraq sia in realtà composto da donne, e ciò significa che non solo si sono radicalizzate loro, ma che faranno indottrinare e il lavaggio del cervello anche ai loro bambini.

Per combattere il radicalismo e l’estremismo,  dobbiamo anche capire quali sono le sue cause e i suoi sintomi. Sfortunatamente, molti musulmani estremisti che vivono in Occidente non hanno conoscenza o una comprensione basilare  degli insegnamenti dell’Islam. Pertanto, , la loro radicalizzazione è il risultato di frustrazioni personali  e non delle  convinzioni ideologiche o da credi personali. A parte il radicalismo promosso online e l’odio predicato nelle moschee o la diffusione della letteratura estremista, ritengo che la causa maggiore di tale estremismo nei giovani musulmani che vivono in Occidente sia stata la crisi economica, e molti rapporti pubblicati confermano questa mia convinzione. Ci sono giovani musulmani che hanno guadagnato sì qualifiche e che, nonostante la loro istruzione, non hanno poi ottenuto lavori adeguati, diventando marginalizzati e frustrati.

A causa delle difficoltà economiche, tali giovani diventano vulnerabili e facilmente preda dei predicatori e di coloro che arruolano seguaci tra i terroristi. Perciò, se ai giovani venisse data l’opportunità di migliorarsi per poi entrare nella forza lavoro di un Paese, questo potrebbe diventare  un mezzo per mantenere la sicurezza del paese. A livello globale, se solo le potenze mondiali e le istituzioni internazionali, quali ad esempio le Nazioni Unite, avessero agito seguendo i loro principi fondanti in ogni circostanza, non avremmo visto la piaga tossica del terrorismo dilagare in così tante parti del mondo. Né avremmo visto la pace e sicurezza costantemente distrutte e svilite in ogni parte del mondo. E, di certo, non saremmo testimoni del diffuso problema dei rifugiati, che attualmente confonde e sta terrorizzando gli abitanti dell’Europa e degli altri Paesi sviluppati. Centinaia di migliaia di innocenti hanno raggiunto l’Europa, e migliaia sono arrivati anche qui in Canada, per cercare rifugio dai terroristi  che hanno avvelenato i loro Paesi d’origine.

La gran parte dei rifugiati è composta da persone genuine e buone; eppure, sono bastati i pochi incidenti negativi ai quali abbiamo assistito recentemente per generare il panico tra la popolazione, così come abbiamo visto in Europa e a livello inferiore anche in Nord America. Stiamo assistendo con i nostri occhi alla crescita di incertezza e a come l’odio e l’ansia abbiano consumato e inghiottito gran parte del mondo.. La causa di tutto questo restano, lo ripeto ancora una volta, l’ingiustizia e la disuguaglianza. In ultima analisi, la mancanza di giustizia è anche ciò che ha generato la crisi finanziaria globale e lo sviluppo negli ultimi anni di disparità tra i ricchi e i poveri. Anche se le nazioni ricche e sviluppate potrebbero aver deciso di investire nei Paesi più poveri, a mio avviso hanno scelto come priorità quella di servire  i propri interessi invece che di facilitare lo sviluppo di quei  paesi locali.

Piuttosto che sfruttamento e avidità, le nazioni sviluppate avrebbero dovuto promuovere i diritti delle nazioni più deboli, per condurli ad uno stadio più avanzato. Avrebbero, quindi, dovuto aiutare in maniera onesta le loro popolazioni ad alzarsi in piedi con dignità e onore. Purtroppo, invece, ciò semplicemente non è avvenuto. Nel capitolo 20, versetto 132, il Corano stabilisce che nessuno dovrebbe posare i propri occhi avidi sulle ricchezze e sulle risorse degli altri. Se il mondo agisse secondo questo principio, il sistema finanziario globale sarebbe più giusto ed equo.

Il capitale sarebbe distribuito in maniera equa e le nazioni potrebbero raccogliere i frutti della loro ricchezza, donata a loro da  Dio. Il commercio mondiale sarebbe guidato dal desiderio di onorare i diritti degli altri, piuttosto che di acquisire con avidità potere e ricchezza per onorare solo i propri interessi ad ogni costo. Un altro esempio dell’ingiustizia nel mondo si riflette nella politica mondiale.

Anche se in alcuni Paesi esistono delle dittature o dei Governi ingiusti, le potenze mondiali spesso sono abituate a chiudere un occhio di fronte alle loro crudeltà, dal momento che proprio quei Governi li supportano e facilitano i loro interessi. Al contrario, in quei Paesi i cui leader o governi non si piegano ai loro capricci di supremazia, le potenze mondiali sono ben felici di supportare i ribelli contro il regime o di chiedere un cambio di regime. In verità, non c’è alcuna differenza nel modo in cui tali Paesi trattano i rispettivi popoli. La differenza sostanziale è che in alcuni casi i Governi cooperano con le potenze mondiali e in altri no.

Per quanto riguarda quei Paesi che si rifiutano di collaborare, le politiche militari occidentali sono state concepite per rimuovere quei Governi, così come è accaduto in Iraq e in Libia, e in maniera similare anche in Siria sono stati fatti tali tentativi negli ultimi anni. È evidente come, col passare del tempo, la decisione del Canada di non prendere parte alla guerra in Iraq si sia dimostrata quella più giusta, così come concordo con la decisione del Governo di fermare i raid miliari in Siria almeno fino a quando sia il conflitto sia i mezzi per risolverlo non diventeranno più chiari. Ad un livello più ampio, anche le Nazioni Unite dovrebbero giocare il loro ruolo nel stabilire la pace, sgombri però dagli interessi dalla politica, dall’ingiustizia e dal favoritismo. Spero e prego che l’Allah Onnipotente dia alle Nazioni Unite e ai Governi mondiali i mezzi per agire in questo modo per permettere di stabilire una pace vera e duratura.

Non vorremmo neanche pensare al percorso alternativo perché, se continuiamo a così come siamo, allora il mondo sta avvicinando rapidamente ad una catastrofe di dimensioni enormi e nelle forme di un altro conflitto mondiale. Possa Allah  donare saggezza ai leader mondiali e ai policy makers (responsabili delle politiche), per far sì che il mondo che lasceremo in eredità ai nostri figli e alle future generazioni sia un mondo di pace e prosperità, non con un’economia zoppa e giovani generazioni malformate. Ameen. Vorrei, infine, ringraziare ancora una volta voi tutti per avermi invitato qui oggi. Grazie di cuore”.